Sono Emanuele Baroncelli e vivo in Versilia. Questa terra mi ha conquistato e ha contribuito a coltivare in me la passione per la fotografia, grazie al suo territorio che spazia dal mare ai quasi 2000mt nel raggio di pochi km. Lavoro nel settore turistico, sono Guida Ambientale Escursionistica e socio CAI della sezione di Pietrasanta.


Prendo spunto da questa intervista uscita sul blog di un carissimo amico (Andrea Celli) per parlare del mio rapporto col territorio Apuano e con la fotografia di paesaggio:

Come è nata la tua passione per la fotografia e cosa ti ha spinto a dedicarti alla fotografia di paesaggio e naturalistica?

I primi approcci al mondo della fotografia nascono in camera oscura con mio padre: il mio sguardo curioso lo vedeva sviluppare le sue fotografie di montagna, Appennino e Dolomiti su tutte, e macro. Entro nel mondo della fotografia digitale nel 2015, proprio in concomitanza con la perdita di mio padre. Parallelamente alla passione fotografica ho iniziato a coltivare la passione per le camminate, in montagna sulle vette delle Alpi Apuane: quei momenti erano per me una momentanea evasione dalla realtà quotidiana. Queste due passioni continuano ancora a rafforzarsi a vicenda dentro di me, spinte però da un’altra motivazione: la curiosità e lo stupore verso l’ambiente naturale. La mia costante ricerca del contatto intimo con la natura è alla base del mio approccio fotografico e cerco di rappresentare le forti emozioni che riesce a trasmettermi ogni volta.

Le Apuane essendo vicine al mare richiamano spesso correnti umide. In determinate condizioni di alta pressione, si forma un vero e proprio mare di nuvole. Da sopra la vista è incredibile, i monti diventano delle isole. Quando la luce invece filtra tra le nebbie, si creano scenari onirici.


Descrivi brevemente il territorio in cui vivi: cosa ha di speciale e perché le persone dovrebbero interessarsi a queste aree?

Le Alpi Apuane sono montagne conosciute ai più per la loro “appetibilità commerciale” dovuta all’estrazione del marmo. Ci vorrebbe un articolo a parte (e non basterebbe) per smontare tutti i falsi miti costruiti “ad hoc” per provare a celare uno dei più grandi disastri ambientali. Mi limiterò a dire che le cave, al giorno d’oggi, sono delle miniere che lavorano ad un ritmo forsennato, con pochissimo quantitativo estratto che va a finire in “opere d’arte”: il vero business è sbriciolare i monti per ricavare il carbonato di calcio, per i più svariati usi industriali. Il tutto legalizzato da una normativa che permette di far arrivare un sito estrattivo ad una percentuale del 75% di materiale di scarto a fronte di 25% di blocco.

In realtà queste montagne sono uno scrigno di biodiversità incredibile, non sono solo marmo. Uno scrigno botanico: le Apuane sono chiamate anche “Giardino d’Europa”. Una ricchezza floristica dovuta ai numerosi fattori che caratterizzano in maniera unica questa zona. Essa si sviluppa in un’area di circa 50 km di lunghezza per 23 di larghezza, e che da sola conta circa il 30% dell’intero patrimonio floristico italiano. Inoltre, può vantare la presenza di circa una trentina di piante endemiche (ovvero crescono solo in Apuane, non sono presenti in nessuna altra parte del mondo), alcune purtroppo a rischio causa estrazione marmo; altre specie sono relitte (ovvero “scese” da nord durante le ultime glaciazioni e adesso isolate in pochi punti con clima più favorevole). Talvolta, la differenza di vegetazione tra il versante marittimo rivolto principalmente a sud-ovest e quello interno garfagnino rivolto a nord-est, è spettacolare! Uno scrigno geologico: la loro successione metamorfica emerge come una vera e propria isola, le rocce del basamento, le più antiche, si sono formate in età paleozoica. Le Apuane sono costituite principalmente da rocce calcaree e al loro interno scorrono vere e proprie “vene” di acqua. Migliaia sono le grotte (enormi sistemi come Antro del Corchia che hanno collegati circa 70km esplorati di pozzi, grotte, cavità carsiche.. chissà quanti altri da esplorare), abissi (alcuni superiori a 1000mt) e i fiumi sotterranei. Sono una delle zone carsiche più importante d’Europa. Non da meno l’interesse storico, antropologico..ecc… Sono montagne aspre di quasi 2000mt con il mare ai loro piedi. Andate in Apuane a percorrere una via di lizza: lì c’è tutta l’essenza appena descritta di questi monti. (Se non sapete cosa sono, cercate qualche testimonianza sulle vie di lizza delle Alpi Apuane, a ricordo di come anni fa l’estrazione del marmo fosse un lavoro eroico e con ritmi di estrazione nettamente inferiori a quelli odierni.. adesso fanno tutto, o quasi, le macchine).

Per approfondimenti, questo video merita assolutamente una visione: https://www.youtube.com/watch?v=xzYPPoLZfQQ

Ricordo i primi tempi in cui mi avvicinavo alla realtà apuana: questo breve documentario di Alberto Grossi riesce ogni volta a farmi commuovere. Lo ringrazio, per me è una fonte di grande ispirazione. https://www.youtube.com/watch?v=a_-hXKWmNuk

un’immagine emblematica: un Muflone raffigurato in un ambiente pesantemente modificato dall’uomo, lo stesso uomo che ha introdotto la specie nel Parco decine di anni prima. A suo modo si è creato un “innaturale” nuovo equilibrio
Il lago di Isola Santa è tra i pochi laghi presenti (tutti artificiali, sbarrati da diga) nell’area apuana. La prevalenza di roccia calcarea e di carsismo non permette infatti il formarsi di laghi superficiali o di torrenti con impetuose cascate.

Come pensi possa contribuire la tua fotografia rispetto alle zone in cui operi?

Le Alpi Apuane sono montagne bellissime e non semplici da fotografare. La mia “missione” come quella di tanti altri fotografi, amici e non, che ritraggono questi monti spettacolari è sicuramente quella di far conoscere una bellezza che a fatica in questi anni è stata pubblicizzata dai vari enti preposti. In questi anni vedo un interesse crescente e mi rendo conto però che non sono adatte ad accogliere un turismo di massa: sono carenti di infrastrutture, con alcuni luoghi accessibili da una viabilità precaria. Sicuramente è anche il lato bello di questi monti, per mantenere la loro natura selvaggia. Se un giorno, il turismo e altre attività del territorio eco sostenibili (es. agriturismi, aziende agricole, visite guidate, strutture ricettive..ecc) potessero contribuire a far chiudere almeno le cave che operano dentro l’area Parco (si, dentro al Parco Regionale delle Apuane ci sono cave attive e neanche poche. La zona di Carrara, il bacino estrattivo più importante, neanche è stato fatto entrare in area Parco)… sarebbe veramente bello.  Purtroppo è al momento questa è pura utopia e mi viene da pensare che si andrà avanti fino ad esaurimento materiale in ogni cava attiva. Stessa cosa in quelle che, come sta accadendo, verranno ri-attivate.

Una ripresa della Pania Secca e della Pania Verde innevate in un’alba di maggio dalla vetaa del Monte Croce. Un evento decisamente raro per essere in quel mese, salire in vetta “nuotando” in 40-50 cm di fresca

Cosa pensi dell’impatto della fotografia social sul territorio e sulle aree particolarmente sensibili dal punto di vista naturalistico?

Che i social siano un’arma potentissima e dannosa per certi ambienti naturali, facendoli diventare mainstream, è un dato di fatto. Il problema è come viene interpretato il messaggio dal fruitore. Mi spiego: tutti noi abbiamo ampliato il nostro bagaglio di conoscenza di nuovi posti grazie alle foto o alle informazioni presenti sui social, questo è innegabile. Mettiamo caso che io voglia andare a vedere il Lago di Braies (un esempio a caso) e farmi un selfie strappa-like (più per il luogo ripreso che per il soggetto umano) da pubblicare su Instagram. Lo potrei anche fare, nessuno lo vieta ovviamente, mi sogno però di andare in certi posti e non rispettare ciò che mi circonda. Ogni ambiente ha le sue caratteristiche peculiari e vari rapporti ecologici che l’hanno reso tale grazie al naturale equilibrio creatosi nel corso degli anni. I social purtroppo fanno arrivare messaggi anche a persone che non rispettano gli ambienti naturali e non conoscono questi delicati equilibri, ed è un problema. Si crea in ogni caso un problema di sovraffollamento di determinate aree e questo è oggettivamente impattante a prescindere dal fruitore e difficilmente risolvibile.

Prendiamo un esempio apuano: maggio è il periodo delle fioriture e la fioritura di narcisi selvatici sul Monte Croce negli ultimi anni ha visto incrementare la propria notorietà grazie ai social. I prati erbosi del Monte Croce in questi periodi diventano meta di veri e propri pellegrinaggi, quando si arriva però a vedere sui social persone che rotolano letteralmente lungo i versanti e i crinali, calpestando, strappando e danneggiando le fioriture selvatiche, beh qualche provvedimento penso sarebbe necessario prenderlo. Una buona idea a mio avviso per sensibilizzare maggiormente le persone e formarle potrebbe essere quella di introdurre l’educazione ambientale già nei primi anni di scuola dell’obbligo.

La fioritura di narcisi selvatici (Narcissus poeticus) del Monte Croce. Una bellezza da preservare


Qual è l’aspetto fondamentale della tua fotografia?

La mia vita di fotografo ha cambiato sovente il suo percorso durante gli anni, ciò dovuto a vari fattori che influiscono nel tempo. Devo ammettere che sto cercando nuovamente una mia dimensione, dopo il periodo di stop forzato causa Covid. Al momento mi concentro molto su dettagli e particolari atmosfere. L’importante è sempre e comunque non cercare di copiare a pappagallo il lavoro altrui: è difficile esserne totalmente esenti con il boom di foto che vediamo sui social.

Un scheletro di pino (presumibilmente marittimo) emerge dietro i resti incendiati di un’erica scoparia. Se vi trovate a camminare in un’area con prevalenza di ginestroni ed erica scoparia, molto probabilmente in passato vi è stato un incendio. Queste due essenze infatti sono tendenzialmente tra le prime a colonizzare nuovamente l’ambiente circostante a discapito di altre specie vegetali


C’è una foto che ti rappresenta o che ti sta particolarmente a cuore? Parlaci di questo scatto.

Due aspetti che sono stati per me fondamentali si celano dietro questo scatto. E’ stato uno dei primi passi per provare a svincolarmi dalle solite foto in cui ritraevo un soggetto visto da me moltissime volte. Ho provato a cercare una composizione diversa, aiutato anche dalle nuvole. Ero partito quel giorno con un’altra idea fotografica e mi sono ritrovato per la prima volta ad esplorare nuovi punti di vista. Il secondo aspetto è stata la paura, superata, di rientrare da solo all’automobile dopo circa 2 ore di sentiero al buio! Ricordo bene anche il terrificante incontro faccia a faccia con un ferocissimo gatto (che avevo scambiato per chissà quale essere mitologico) che mi fissava. Riconosco che questi due aspetti possono aver svolto una funzione di “spartiacque” nel mio approccio alla fotografia di paesaggio.

Emanuele Baroncelli